L’edizione più bella del Social Football Summit sarà sempre la prossima

Dal 22 novembre 2018, giorno della prima edizione del Social Football Summit, al 17 novembre 2020, la data molto recente della terza edizione, sono passati appena due anni ma 3 edizioni dell’unico evento italiano focalizzato sull’industria del calcio.

Eventi del genere possono essere raccontati in diverse maniere, ad esempio con i numeri, due in particolare, lo 0 da cui tutto è partito e 8.000, il numero che rappresenta le presenze e le visite di queste tre edizioni.

Ma il modo per raccontare il Social Football Summit e per raccontarci che preferiamo è quello dei valori: innovazione, condivisione, conoscenza, passione.

Più di due anni fa sembrava visionaria e innovativa l’idea di creare un posto in cui riunire tutti gli esperti e gli aspiranti protagonisti della Football Industry. Un’occasione che inorgoglisse il nostro paese, portando l’élite domestica e internazionale del mondo del calcio. Lo abbiamo voluto fare per mettere a disposizione di tutti l’esperienza e la conoscenza degli speaker che ci hanno creduto dal primo giorno sino ad oggi. Senza passione non avremmo costruito nulla di tutto ciò e non avremmo saputo superare in un modo o nell’altro le tantissime avversità che ci siamo ritrovati durante il percorso.

L’industria del calcio è già diversi passi avanti rispetto al 2018 ed evolve senza soste. Un dinamismo preso in contropiede dalla recente emergenza sanitaria. Un ecosistema fatto di persone che però si sono subito rimboccate le maniche per resistere e disegnare il mondo del calcio del domani, fatto di migliaia e migliaia di professionisti e appassionati.

L’industria del calcio, specialmente quella italiana, deve fare ancora altri passi per essere definita tale. Il Social Football Summit diventa uno di quei luoghi ideali per generare confronto, anticipare le tendenze future e fare squadre. In Italia ci sono centinaia di club professionistici e un migliaio di società dilettantistiche, ma tutti insieme formiamo una sola squadra: quella del calcio italiano.

WEGIL nel 2018, la cornice dello Stadio Olimpico del 2019 con 2.500 visitatori e il palcoscenico online della recente edizione del 2020 con 4.500 utenti e 3.000 per la due giorni dedicata all’eSports Summit. Questo è il passato e il presente del Social Football Summit e del nuovo eSports Summit.

Il futuro lo scriveremo insieme agli appassionati, gli speaker, la governance del calcio, gli atleti, gli studenti, la classe politica, le agenzie, i brand e gli imprenditori. Senza dimenticare il team, quello che poco più di due anni fa ebbe l’idea di organizzare l’unico evento italiano dedicato alla Football Industry: i team Social Media Soccer e Go Project.

Per la terza volta nella nostra giovane storia possiamo dire ancora GRAZIE A TUTTI!

Buon natale e un felice anno nuovo!

Domenico Pascuzzi

Intervista a Domenico Pascuzzi, Marketing Director Publishing di Italiaonline

Italiaonline è una realtà ormai consolidata da anni nel mondo dell’editoria digitale essendo proprietaria di Virgilio, Libero, PagineGialle e PagineBianche e dell’advertising, per offrire le soluzioni ideali alle aziende italiane.

Italiaonline, attraverso il verticale Virgilio Sport ha deciso di investire da quest’anno nel Social Football Summit, attivando la media partnership per l’ultima edizione online tenutasi a novembre.

Abbiamo deciso dopo l’evento di fare una chiacchierata con Domenico Pascuzzi, Marketing Director Publishing di Italiaonline.

Ciao Domenico, grazie per aver accettato l’invito. Iniziamo chiedendoti com’è cambiato il mondo del marketing, prima di essere “travolto” dall’avvento dei nuovi media e quindi durante questo periodo di trasformazione digitale? Qual è il più grande cambiamento in tema marketing che hai notato negli ultimi 15-20 anni?

“Senza dubbio, l’avvento del digitale e l’esplosione del mobile hanno cambiato radicalmente ogni aspetto delle nostre vite, il modo in cui comunichiamo e lavoriamo, acquistiamo prodotti e servizi di vario tipo, gestiamo le nostre finanze e il nostro tempo libero. Di conseguenza, è cambiato il modo di fare marketing, verso un’ottica sempre più connessa, esperenziale e omni-channel. La customer journey degli utenti, infatti, non è più lineare, ma frammentata in tanti micro-momenti e si sviluppa tipicamente su diversi touch-point sia fisici che digitali.

La grossa sfida per i brand e per chi fa marketing oggi è quella di essere presenti e rilevanti durante questi micro-momenti, entrare in connessione empatica e stabilire una relazione attiva con le persone. Il presupposto per affrontare questa sfida è un profondo cambio di paradigma delle aziende, che devono mettere l’utente e la customer experience al centro della loro visione strategica e di prodotto”.

Come sono cambiate le regole del mercato invece in quest’anno? Con particolare riferimento al fatto che tutti gli eventi e le occasioni di marketing si sono spostate online?

“Siamo entrati in una dimensione nuova, il cosiddetto new normal, in cui il terreno di gioco e le regole del marketing sono diverse rispetto al passato. I brand di conseguenza sono stati chiamati ad aggiornare il proprio approccio strategico al mercato per gestire questa forte discontinuità storica, con nuovi assetti operativi, nuovi modelli di business, nuovi canali distributivi. Indubbiamente, tutto il filone degli eventi online e, aggiungo, della realtà virtuale ha conosciuto una fortissima accelerazione e un elemento di forte disruption e innovazione per molti settori, dall’intrattenimento alla didattica, dal turismo all’automotive.

Questo non vuol dire che l’esperienza fisica sia superata e soppiantata, ma la possibilità di poter utilizzare il canale online apre ai consumatori un’offerta di prodotti e servizi molto più ricca e interattiva rispetto al passato, e apre ai brand l’opportunità di parlare ad un pubblico più ampio che prima non avrebbero raggiunto o avrebbero raggiunto solo in parte”.

Quest’anno avete deciso di sposare il progetto Social Football Summit 2020 come media partner, l’unico evento italiano focalizzato sull’industria del calcio. È su questo ecosistema che mi volevo soffermare, secondo te il potenziale di marketing delle squadre di calcio in linea generale è ancora inespresso?

“Si, siamo stati media partner del Social Football Summit già in occasione della prima edizione e siamo molto contenti di esserlo anche quest’anno. Concordo che sia l’evento più rilevante dedicato alla Football Industry in Italia, dove sappiamo il calcio è un fenomeno non solo sportivo e di massa, ma anche economico e di business. Internet e il digitale hanno cambiato il modo in cui i tifosi guardano e vivono lo sport.

I tifosi di oggi sono connessi, si aspettano di partecipare ed essere parte attiva, di avere esperienze coinvolgenti e personalizzate e per di più sono diventati dei veri e propri media quando postano sui propri profili social contenuti, foto, video della propria squadra del cuore. In questo contesto, le società sportive sono chiamate a riposizionarsi e diventare vere e proprie media company, che devono instaurare una relazione attiva con i propri tifosi attraverso contenuti, servizi, applicazioni mobili, format di intrattenimento. Un altro filone molto affascinante infatti è quello degli stadi “connessi” o digital arenas: l’Internet of Things, la realtà Virtuale e Aumentata, il 5G aprono a nuovi scenari di prodotto, eventi, esperienze interattive e immersive, dentro e fuori lo stadio.

C’è un potenziale ancora molto inespresso, siamo agli inizi. Iniziative come il Social Football Summit aiutano molto a focalizzare questi temi e queste opportunità in un contesto di sistema e aiutano ad accelerare il processo di digital transformation che anche lo sport è chiamato ad abbracciare”.

Secondo te, i club di calcio e le varie società sportive in futuro si apriranno alla collaborazione con player come Italiaonline per la produzione di contenuti, oppure andranno tutti verso la direzione di una Media House interna?

“Faccio una premessa: i contenuti rappresentano un elemento chiave per creare e rafforzare il legame con i propri clienti, follower e, nella fattispecie dei club calcistici, con i propri tifosi; ecco perché i club e le società sportive devono, a mio avviso, dotarsi di una content marketing strategy strutturata.

Detto questo: i due modelli per me non sono in antitesi, perché da una parte i club e le società calcistiche possono dotarsi di una media house interna per produrre contenuti esclusivi, dall’altra possono far leva e lavorare sempre più direttamente con premium publisher come Italiaonline, sia per la produzione di contenuti che per la loro distribuzione.

Il valore aggiunto che può portare un partner come Italiaonline è su più fronti: sul fronte della progettazione e produzione dei contenuti, perché con i brand lavoriamo in logica funnel, ossia strutturiamo percorsi che accompagnano l’utente in modo naturale attraverso le fasi di un processo di conversione e acquisto; sul fronte della distribuzione, perché distribuiamo i contenuti co-prodotti o prodotti dai brand nostri clienti in un ambiente premium e brand-safe con la possibilità di raggiungere un’audience vasta e profilata sui nostri portali e sulle nostre properties digitali; non ultimo, le più grandi aziende italiane sono clienti della nostra concessionaria e possiamo quindi aiutare i club a costruire una brand identity distintiva sul mercato”.

Domenico, ci racconti come è stato il tuo percorso formativo e professionale prima di arrivare a Italiaonline?

“Lavoro in Italiaonline da 20 anni, dopo una breve esperienza nella consulenza. Sono stati 20 anni molto intensi perché credo che abbiamo scritto un pezzo importante della storia di Internet in Italia. Vivere in prima linea tutte le tappe di questa storia è stato qualcosa di fantastico, oltre che un privilegio. Ricordo ancora il periodo in cui eravamo in Wind-Infostrada, poi lo spin-off da Wind e la fondazione di Libero srl e da lì l’acquisizione di Matrix/Virgilio e la fusione con Seat PagineGialle.

Ora stiamo entrando nel terzo decennio degli anni 2000 e il mondo del Publishing, del digital advertising e dell’ecommerce sono sempre più affascinanti, specializzati e ricchi di opportunità. Non vediamo l’ora di giocarci la partita: anche stavolta”.

Massimo-Magrì

Virtual Advertising nell’industria del calcio, intervista a Massimo Magrì di Supponor

Una tecnologia innovativa per il mondo dello sport, già adottata da diverse leghe top nel panorama sportivo

Il virtual advertising è una soluzione che consente di dare visibilità a più sponsor su uno spazio che tradizionalmente poteva essere venduto ad un unico brand, come nel caso dei led a bordo campo. Questa innovazione, oltre ad essere altamente tecnologica, è uno strumento per moltiplicare la monetizzazione di club e leghe. Poter mostrare una pubblicità diversa ed esporre un brand diverso nello stesso momento ma in paesi differenti, è una evoluzione che non avremmo mai potuto immaginare 10 anni fa. Ma i player che stanno utilizzando questa tecnologia in realtà, come nel caso spagnolo, lo stanno facendo già da diversi anni.

Il virtual advertising ovviamente richiede un importante investimento in tecnologia e ha bisogno di molte informazioni sulle specifiche audience regionali per mostrare una pubblicità in target e coerente al mercato domestico di riferimento.

Per parlare di questo argomento affascinante, abbiamo fatto una chiacchierata con Massimo Magrì, EU Commercial Director di Supponor, azienda londinese specializzata in questo tipo di pubblicità virtuale che da anni lavora nel mondo della Sports Industry.

Ciao Massimo, grazie per aver accettato l’invito. Ti chiederei subito ad oggi quali sono leghe, club e brand che stanno puntando sul virtual advertising?

Storicamente, LaLiga in Spagna è stata un pioniere con Supponor nell’esplorazione di questo nuovo strumento di marketing da oltre otto stagioni. Si noti che in Spagna hanno perfezionato questo strumento a tal punto da riuscire a consentire la distribuzione di fino a 11 segnali diversi per partita in regioni e paesi specifici.

Anche la Bundesliga in Germania deve essere considerata a tutti gli effetti un pioniere: hanno iniziato ad usare la nostra tecnologia tre anni fa per trasmettere in vari mercati internazionali.

Oltreoceano, anche la NHL e la NBA sono molto attive in questo settore. In effetti, hanno già avuto esperienze in onda nel 2016, 2019 e più recentemente durante gli eventi All Star nei mesi precedenti lo scoppio della pandemia, ed entrambe stanno esplorando modi per iniziare a distribuire queste soluzioni su ampia scala.

Il virtual advertising è una tecnologia che può diventare ulteriore fonte di monetizzazione per alcuni soggetti, ma quanto è effettivamente accessibile per club o leghe minori? Quali sono i punti deboli di questa tecnologia e i punti di forza?

Fino ad ora, i costi di gestione della tecnologia hanno rappresentato una barriera all’ingresso, riservandone l’utilizzo solo a premium rights holder. L’evoluzione che stiamo osservando, però, sta rendendo queste tecnologie sempre più accessibili al punto che ci aspettiamo possa diventare una commodity nei prossimi 12/18 mesi. Serve tuttavia un processo di maturazione sia sul versante tecnologico che sullo sfruttamento consapevole dei diritti di marketing.

L’uso della tecnologia consentirà ai titolari dei diritti non solo di aumentare le entrate derivanti dai diritti di marketing, ma anche di abilitare un canale di comunicazione più efficace e diretto con il loro pubblico di destinazione.

L’emergenza sanitaria ha rallentato in qualche modo il posizionamento e l’uso delle recenti tecnologie come realtà aumentata e virtuale nel calcio, oppure è stata una sorta di acceleratore?

È stato sicuramente un acceleratore. Come in quasi tutti i settori e le situazioni della vita quotidiana, la necessità affina l’ingegno.

L’attuale periodo di partite a porte chiuse ha costretto i club a fare i conti con significative perdite di entrate (i primi studi e ricerche hanno mostrato l’immenso impatto finanziario che la pandemia ha avuto sul settore sportivo, con i cinque grandi campionati europei di calcio che dovrebbero perdere fino a 4 miliardi di euro di ricavi nella sola stagione 2019-20) e un distacco forzato dai propri tifosi che non hanno potuto entrare nello stadio.

La tecnologia virtuale ha permesso, ad esempio, di coprire gli spalti vuoti con messaggi istituzionali o pubblicità (per compensare gli sponsor che non hanno avuto la possibilità di sfruttare tutte le potenzialità dei loro pacchetti sponsorship), di avvicinare i fan all’evento (social live streaming) e rendere gli stadi un po’ “meno vuoiti” in TV.

Questa scelta obbligata in molti casi ha portato i club ad affacciarsi per la prima volta all’utilizzo delle tecnologie virtuali, familiarizzare con esse e capire come in futuro potranno essere parte integrante della loro offerta commerciale.

Hai lavorato al fianco di professionisti che si occupavano della commercializzazione dei diritti tv e di questo settore più in generale. Secondo te come possono rendere meno obsoleto il proprio modello di business alcuni club di calcio oggi? E la ripartizione dei diritti tv è effettivamente così sbilanciata in Italia?

L’utilizzo della pubblicità virtuale è sicuramente lo strumento più innovativo che l’industria del marketing sportivo ha integrato da qualche anno a questa parte. Come detto, stiamo vivendo un momento di transizione molto importante da questo punto di vista: il passaggio da una comunicazione globale uguale per tutti, a una comunicazione sempre più personalizzata indirizzata in modo più specifico. Questo, oltre a generare entrate aggiuntive, renderà i messaggi più rilevanti per i consumatori e gli investimenti pubblicitari più accessibili per i marchi regionali più piccoli.

Ci sono altre novità o tecnologie che stravolgeranno nel medio termine il mondo dell’advertising nella Football Industry?

La prossima frontiera sarà sicuramente quella della pubblicità profilata sul singolo utente: due persone sedute fianco a fianco in metropolitana a guardare lo stesso evento sportivo avranno sui tabelloni pubblicità differenti, più specifiche e attinenti ai propri gusti e interessi.

Sembra fantascienza, ma in realtà non lo è. Potremmo non rendercene conto, ma quando guardiamo un video su varie piattaforme social, è una situazione che accade già.

Sei approdato in SUPPONOR di recente. Come ci si avvicina da professionista al mondo del virtual advertising, e quindi quali sono le competenze e l’approccio che uno che vuole fare il tuo mestiere deve avere?

Prima di entrare a far parte di Supponor, che è un’azienda tecnologica, ho trascorso 14 anni presso un’agenzia leader a livello mondiale per i diritti media e marketing, specializzata in eventi sportivi. Il ruolo dell’agenzia è fondamentale perché opera proprio al centro di un ecosistema fatto di rights holder (società e federazioni sportive), sponsor (che sono considerati gli investitori) e fornitori di innovazione tecnologica che forniscono strumenti per massimizzare i ricavi.

Questo mi ha permesso di apprendere da un lato cosa chiedono i brand che vogliono investire in eventi sportivi, e dall’altro cosa offrire ai titolari dei diritti per soddisfare le esigenze dei brand. Questo si sta rivelando fondamentale nel mio nuovo ruolo in Supponor per guidare l’innovazione tecnologica nella giusta direzione per essere funzionale ai vari attori del mercato.

Grazie mille per l’intervista Massimo, molto interessante. Ci vediamo al prossimo appuntamento!