Mancini: “Era il momento giusto per cambiare, ci abbiamo creduto. Nel dare fiducia ai giovani ci si guadagna sempre.”

Con l’avvento di Roberto Mancini come CT della Nazionale Italiana, nel maggio 2018, è iniziato concretamente un nuovo corso che ha l’obiettivo di lanciare e valorizzare una nuova generazione di talenti azzurri.

Le vicende di campo si inseriscono in un new concept, come definito da FIGC e Puma, che ha nella maglia la sua espressione immediata ma che si estende nell’area marketing e comunicazione, oltre che veicolare un concetto di responsabilità sociale.

Una nuova idea, una nuova generazione, una nuova strategia raccontata nel panel che chiude il Social Football Summit 2020 Protagonisti del panel sono il CT Roberto Mancini, Paolo La Placa (Team Head Partnership Management di Puma) e Giovanni Sacripante (Head of Marketing & Digital Contents FIGC), con il giornalista sportivo Massimo Caputi a moderare gli interventi.

Si parla di una vera e propria rinascita – dice Caputi –  Una nuova prospettiva del calcio italiano supportata dalle grandi prestazioni della squadra di Roberto Mancini, che ha riavvicinato i tifosi attraverso le vittorie e la fiducia nei confronti di giovani talenti“.

Una dimensione differente rispetto al passato, come conferma G. Sacripante, FIGC: “Dopo la mancata qualificazione al Mondiale 2018, abbiamo pensato ad un riposizionamento netto del calcio italiano, creando un punto di rottura con il passato, salvaguardando, comunque, la storia e la tradizione. Questa nuova prospettiva si esprime attraverso la nuova maglia, una maglia che racconta il cambiamento in atto. Una scelta coraggiosa che ci ha portato a rivolgerci alle nuove generazioni di tifosi, che offre una nuova immagine della FIGC e della Nazionale di calcio italiana“.

Un concetto di unicità espresso nelle parole di Paolo La Placa di Puma: “La Nazionale italiana è qualcosa di unico. Unica nei valori che esprime, nel senso di appartenenza. Il calcio è uno stile di vita, è una questione di cultura e tradizione di un Paese. Queste sono le basi sulle quali abbiamo creato la nuova maglia“.

Chiude il panel il CT Roberto Mancini, che esprime tutta la sua soddisfazione per il percorso, questo Rinascimento Azzurro, effettuato sin qui: “Quando siamo arrivati la situazione non era sicuramente facile, ma ci abbiamo creduto sin da subito. Abbiamo voluto chiamare giocatori giovani e di qualità. Era il momento giusto per cambiare, per dare fiducia ai ragazzi e costruire un nuovo percorso. Il gruppo è solido e compatto, ha fatto qualcosa di straordinario e speriamo di proseguire su questa strada“.

Una corretta comunicazione può definire il confine tra vittoria e sconfitta

La gestione delle PR e della comunicazione di calciatori e allenatori rappresenta un asset dal quale non è più possibile prescindere

Gli interventi di questo panel sono moderati da Luigi Di Maso, Responsabile Editoriale Social Media Soccer. Il tema di discussione riguarda come, nel nuovo contesto, calciatori e allenatori comunicano online affidandosi a professionisti del settore.

Noi professionisti della comunicazione e del PR non dobbiamo convincere nessuno. La domanda va stimolata adeguatamente in modo da far emergere una necessità e spingere la persona interessata ad agire affinchè si compia uno step ulteriore per gestire in maniera più dettagliata. I media main stream restano in cima ai mezzi di comunicazione ad alto contenuto mediatico. Quindi tutte quelle referenze che vengono dall’esterno, mentre i social media sono molto autoreferenziali. Un mix di questi due mondi è perfetto per trovare un giusto modo di veicolare la nostra immagine“, spiega Stefano Marchesi, Football PR Specialist PRiSM | Elite Football PR

A tal riguardo interviene anche Pedro Pinto, Founder and CEO Empower Sports, che spiega come “sia necessario trovare un mix tra qualità e quantità, oltre ad aiutare la nostra audience a capire cosa è verità e cosa è speculazione. Per questo cerchiamo di fare in modo che i nostri clienti parlino con mezzi di comunicazione che siano credibili e riconosciuti, e che le dichiarazioni siano veicolate nel modo giusto riuscendo a bilanciare i vari canali di comunicazione“.

In questo contesto nascono anche nuove figure professionali e la domanda è: conviene essere una figura versatile o specializzata?

Gli staff tecnici oggi si arricchiscono – dice Marchesi – di sempre più figure altamente specializzate. La linea che separa la vittoria dalla sconfitta presuppone una cura dei dettagli in campo che può essere assimilabile alla cura della comunicazione. Oggi comunicare in un certo modo prima di una partita può definire il confine tra la vittoria e la sconfitta. Per questo credo che il futuro sia la specializzazione: non solo nella comunicazione del calcio ma anche in tutti gli altri settori. La cura della comunicazione, inoltre, è un beneficio anche per i club per i quali un giocatore o tecnico è tesserato“.

Un tema molto importante è quello della fiducia. Un concetto che diventa fondamentale per svolgere un lavoro che sia produttivo e longevo.

Il concetto della fiducia è importante anche tra chi si occupa di questo mestiere e l’assistito di riferimento. Alla base di tutto c’è sempre la relazione umana, a prescindere dalla relazione economica. Ci deve essere empatia, sintonia e comunione di intenti“, dice Marchesi.

Il lavoro deve essere sicuro e credibile, soprattutto per ricevere la fiducia con l’audience di riferimento e i media. La fiducia – continua Pinto – va anche di pari passo con il curriculum. E oggi, la mia esperienza professionale, è praticamente un asset. L’intenzione di chi si occupa di gestione PR come noi è dare un beneficio, tangibile o intangibile, al cliente finale. Il fattore chiave è la trasparenza e questo si traduce in un fiducia professionale.Aggiungo una parola che per me è fondamentale che è responsabilità. Oggi un messaggio social, con il quale un giocatore comunica al mondo, può influire addirittura su un trasferimento

Un consiglio per i giovani talenti emergenti e per chi si affaccia a questo mondo?

“Studiare e osservare l’ambiente è fondamentale. Fare comunicazione nel mondo del calcio non è lo stesso di farla in altri settori perchè il contesto è in continuo movimento e mutamento. L’osservazione e la capacità di prevenire i problemi è essenziale per rispondere a tutti gli impulsi esterni, in modo da farsi trovare sempre pronti”, conclude Marchesi.

INTERNAZIONALIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE DEI CONTENUTI PER LE DIVERSE FAN BASE DEL MONDO

Contenuti per uno specifico pubblico. Questa la sfida affrontata da molti Club per esportare il proprio brand fuori dai confini nazionali.

È necessario conoscere i propri fan, analizzare la community e personalizzare il più possibile la strategia social per coinvolgere i tifosi. Nel panel Reaching fan engagement arount the World, moderato da Emanuela Perinetti, si è parlato nel particolare  delle strategie di Sporting Lisbona ed Inter.

Mafalda Monteiro, Digital Brand Manager – Sporting Clube de Portugal, si sofferma sulla capacità di adattare i contenuti al contesto così come accaduto durante il lockdown proprio per coinvolgere i fan: “Ci siamo resi conto che senza partite l’utente è più attento e partecipe. Abbiamo coinvolto i nostri calciatori nel raccontare la loro quotidianità, ci siamo confrontati all’interno del team digital per essere il più creativi possibile. I canali che ci permettono di potenziare maggiormente la fan engagement sono sicuramente TikTok ed Instagram rivolti alle nuove generazioni che sono più attive ed ai nostri fan stranieri. I giocatori, in questo ci aiutano, nell’avvicinare comunità lontane dal Portogallo come quella, ad esempio, dell’America Latina“.

Roberto Monzani, Media House Director – FC Internazionale Milano pone l’attenzione nello specifico sulla personalizzazione dei contenuti: “Poniamo particolare attenzione nel differenziare il tone of voice a seconda dei canali utilizzati per aprirci il più possibile agli interessi e le abitudini delle nostre diverse communities online. L’obiettivo dell’Inter Media House è proprio di ampliare il bacino d’utenza e raggiungere i tifosi nerazzurri in tutto il mondo, attirando la loro attenzione con contenuti esclusivi e personalizzati“.

 

Adani: “Il nostro lavoro ha il fine di avvicinare la gente ai protagonisti del calcio”

Il calcio è fatto di storie(s):  di chi le ha scritte, di chi le racconta e di chi le adatta ai nuovi formati di comunicazione.

Oggi non si parla più di storytelling ma si parla di storydoing. Con questa premessa accogliamo l’inizio di questo panel nella terza giornata del Social Football Summit.

L’altro giorno ho visto come era Facebook nel 2006 e questo fa capire quale è stata l’evoluzione di questi canali negli ultimi 15 anni. Parliamo di un mondo in continuo cambiamento che cerca di rispondere a quelle che sono le esigenze degli utenti“, dice Kike Levy, Strategic Partner Manager Emea Facebook

Raccontare un evento e trasmetterne le emozioni: è questo quello che deve essere in grado di fare un telecronista, e proprio di questo parla Pierluigi Pardo, Giornalista Sportivo e Presentatore Mediaset/Dazn: “la telecronaca racconta una storia di cui non si sa il finale. Il calcio ha la capacità di sorprenderti e questo senso di euforia e stupore non si può prevedere o preparare. Io preparo la partita come fanno tutti ma tutta questa preparazione diventa secondaria rispetto alla capacità di interpretare dal vivo cosa succede, con un’emozione che per me è unica e totalmente diversa rispetto a tutto il resto. La telecronaca ti da l’opportunità di essere messaggero di emozioni nei confronti dei tifosi“.

Emozione e coinvolgimento fondamentali per avvicinare la gente al calcio.

Bisogna adeguarsi e riconoscere le emozioni della partita. Il nostro lavoro ha il fine di avvicinare i tifosi e i protagonisti. Per me il calcio sudamericano è una passione e un’ossessione, ma il calcio si evolve e non dorme mai. La mia natura è quella di cercare di immedesimarmi in chi ascolta e dentro la preparazione della telecronaca ci deve essere il giusto compromesso per coinvolgere la gente“, spiega Daniele Adani, Talent Sky Sport.

In questo contesto si parla anche di quelle che sono le piattaforme del futuro, facendo un confronto tra piattaforme proprietarie o di terzi.

Saranno sempre più importanti i contenuti più corti, nel rispetto di quelli che sono gli interessi delle nuove generazioni. A prescindere dall’utilizzo di piattaforme, proprietarie o di terzi, bisogna essere capaci – dice Levy – di coinvolgere tutte le tipologie di tifosi.. Non c’è una tipologia di piattaforma migliore ma è necessario essere presenti a 360°“.

Pierluigi Pardo ci racconta l’esperienza che vive giornalmente con i propri canali social e della capacità di coinvolgere i tifosi raccontando storie: “io sono entusiasta dei social, soprattutto Twitter. Il calcio è un modo per raccontare noi stessi e la nostra cultura e in questo i social network sono uno strumento importante ed imprescindibile. Le storie invece vanno celebrate e raccontate, e la tendenza nel mondo è questa. Basti pensare a The Last Dance o le serie All or Nothing. I social non tolgono spazio al giornalismo tradizionale ma piuttosto aggiungono un qualcosa mettendo al centro i protagonisti con una disintermediazione e una leggerezza che il periodo di lockdown ci ha regalato“.

Un concetto che si lega a quella che è l’essenza del calcio, e dello sport in generale. Emozione, passione e coinvolgimento a prescindere dalla categoria. “Il calcio è popolare, è di tutti, ed è questo il grande vantaggio di questo sport meraviglioso. E soprattutto il calcio è inclusione non esclusione, coinvolge tutti a prescindere dal contesto sociale che la gente vive. La base del calcio è tra la gente comune ed è questa la sua prima caratteristica. Il calcio non è un gioco ma un messaggio sociale. Quello che abbiamo fatto con Bobo Tv durante il lockdown aveva il fine di raccontare le nostre storie. Storie che partono dall’oratorio, dalla strada, come avviene per tutti“.

Qual è la conseguenza logica di amare qualcosa o qualcuno? Rispettarlo, raccontarlo al meglio, divulgarlo. Se tu ami qualcosa la conosci. Io so benissimo cosa è l’Uruguay, so cosa è quel paese di tre milioni di abitanti, so come vive il calcio. E quindi, conoscendo, rispetto quel qualcosa che amo. La Garra Charrua / dice Adani – è questo, è un qualcosa che esiste, che ho vissuto ed ho letto. Ed è la partita che ti porta a tirare fuori determinate emozioni. I social ti mettono a nudo perchè viene fuori chi sei e cosa fai. Se vuoi stare sui social devi accettare di stare insieme con le persone. Più tutti ci mettiamo insieme e più smascheri i bluff“.

Tebas: “Lo Stato deve incentivare fiscalmente gli investimenti privati nel calcio”

L’innovazione e la digitalizzazione dei processi produttivi sta crescendo grazie agli investimenti pubblici e privati, in un contesto di grande difficoltà dovuta alla Pandemia.

In questo panel inaugurale della terza giornata del Social Football Summit, Luca Pardo, Fondatore Studio Legale Ontier, modera questo panel.

L’attenzione si sposta sui processi di innovazione e digitalizzazione che in un contesto come quello che stiamo vivendo diventano sempre più fondamentali. “In questa situazione di emergenza stiamo vivendo una fase di cambiamento in ognuno di noi di come il digitale e l’innovazione possono cambiare la nostra vita, non solo adesso ma anche nel lungo periodo. Un impulso che viene anche da direttive europee su investimenti tecnologici. C’è, quindi, una chiara indicazione della politica che va nella direzione della trasformazione digitale“. dice Gian Paolo Manzella, Sottosegretario allo Sviluppo Economico.

Anche Almaviva sta spingendo l’evoluzione dei processi interni alla struttura oltre che accompagnare i proprio clienti. “Almaviva ha cominciato un processo di digitalizzazione già nel 2017. Abbiamo investito – spiega Antonio Amati, Direttore Generale Divisione IT Almaviva – sull’analisi dei dati con applicazione e soluzione legate in diversi settori, oltre che sulla customer experience. In questo contesto è aumentata anche la mole di lavoro per i nostri clienti, che ha portato ad una trasformazione digitale di alcuni processi che devono ancora raggiungere una fase di regime e pertanto ci sarà anche da lavorare nel prossimo futuro“.

Arriviamo quindi al mondo del calcio, che si sta legando sempre più alla tecnologia sotto molteplici aspetti. Dall’analisi delle performance fino alle attività digitali finalizzate al coinvolgimento della fanbase.

Come Lega in occasione della finale di Coppa Italia abbiamo virtualizzato gli spalti e questo ci ha permesso di dare maggiore visibilità non solo agli sponsor delle squadre ma anche a TIM, nostro title sponsor. Stiamo lavorando ancora per realizzare altre attività che ci permettano di rispondere a questo momento di crisi e cogliere il momento per aumentare il livello di digitalizzazione della Lega Serie A“, dice Lorenzo Dallari, Direttore Editoriale Lega Serie A.

Dopo la Serie A, ecco La Liga che è certamente uno degli esempi maggiormente virtuosi a livello di evoluzione digitale e tecnologica nel mondo del calcio. Ci spiega come è organizzata la struttura il Presidente Javier Tebas.

Come Liga abbiamo cominciato ad innovare e digitalizzare la nostra struttura nel 2014, quindi è un processo che parte da lontano. Abbiamo un dipartimento di tecnologico che conta circa 70 persone. In tutto abbiamo 128 persone che si occupa di tecnologia e circa 50 persone dislocate sui vari mercati. Questo per far capire che non è un processo che risponde al contesto attuale, ma piuttosto un processo che parte da lontano. Oggi la chiave dell’innovazione tecnologica è la digitalizzazione delle aziende. Dal 2015 La Liga ha un proprio OTT che è fondamentale. Ci avvaliamo di intelligenza artificiale per decidere gli orari delle partite, perchè sappiamo con circa 30 giorni di anticipo quanta gente andrà allo stadio o quanti telespettatori avremo, e tutto questo grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. In questa direzione è necessario non basarsi solo sulla tecnologia ma anche coinvolgere le persone“.

Come incentivare gli investimenti privati e fino a dove deve spingersi l’intervento pubblico?

Il settore pubblico – continua Tebas – deve rendersi conto che il calcio è un’industria da non sottovalutare nell’analisi del contesto economico. L’iniziativa privata credo sia fondamentale, oltre quella pubblica. Lo Stato non deve aiutare direttamente ma credo sia necessario che piuttosto incentivi fiscalmente gli investimenti privati, come per esempio ha fatto l’Italia. Nel vostro Paese il Decreto Crescita ha portato investimenti capaci di attrarre grandi campioni e sono sicuro che questo porterà dei benefici alla fiscalità nazionale. Non lo dico solo in ambito sportivo ma anche per tutto quello che ruota intorno allo sport, e al calcio nello specifico. Spero che la Spagna faccia lo stesso percorso intrapreso in Italia

Monetizzare grazie al virtuale: l’esperienza del Barcelona

Il virtual advertising come nuovo strumento di monetizzazione a disposizione dei players del calcio.

Nel panel dedicato a questo argomento sono intervenuti Massimo Magrì, EU Commercial Director di Supponor e Cristina Peña i Bagés, Head of Business Intelligence di FC Barcelona.

Abbiamo iniziato a collaborare con Supponor due anni fa – spiega Peña – e stiamo portando avanti iniziative diverse in tutto il mondo. Questo ci aiuta a collaborare con i nostri partner e tutto questo può aiutare a diversificare i messaggi che vogliamo raccontare”.

Cristina ci spiega anche come come è cresciuta la partnership tra Barcelona e Supponor e di quando sia importante collaborare con i partner.

Diventa importante il confronto col partner per capire come commercializzare il nostro potenziale e quindi ci siamo messi in gioco. Abbiamo analizzato scenari diversi ma condividiamo, con tutti i nostri partner, anche delle soluzioni potenziali per capire di sviluppare – continua Peña – strategie commerciali che possa rispondere ai trend del momento. A livello di comunicazione dobbiamo essere bravi a diversificare sulla base della lingue per riuscire ad essere il più vicini possibili ai nostri fan globali. A livello virtuale dobbiamo essere bravi ad essere flessibili, e anche la situazione che stiamo vivendo ci impone di prendere questa direzione, sia nel breve che nel medio-lungo periodo per sviluppare il nostro business a livello commerciale“.

In questo contesto è necessario essere in grado di osservare per poi agire.

Dobbiamo fare i conti anche con la regolamentazione a cui siamo soggetti, per esempio in ambito pubblicitario, in relazione ai diversi paesi in cui operiamo. Dobbiamo trovare – spiega Peña il giusto compromesso, dopo avere svolto un lavoro di analisi dell’ecosistema in cui operiamo, per massimizzare le capacità commerciali del nostro brand e dare valore anche ai nostri partner“.

Quando parliamo di pubblicità e advertising non parliamo solo di mondo virtuale.

Usare la tecnologia ci permette di avvicinare i tifosi e la situazione che stiamo vivendo ha acuito questa esigenza. Dobbiamo massimizzare – dice Magrì – l’esperienza dei fan dando una presenza extra ai nostri tifosi, soprattutto in questo momento così influenzato dalla pandemia“.

Fino ad ora abbiamo lavorato sui novanta minuti della partita ma oggi è necessario lavorare sulla presenza virtuale dei nostri brand senza concentrarci solo sull’evento live“, conclude Peña

Il futuro sarà la personalizzazione dei contenuti da parte degli stessi fan

Sponsor e calcio: come è evoluto questo rapporto negli anni, anche alla luce dei nuovi strumenti digitali?

Attività di brand strategy, risultati e performance. Insieme al moderato del panel Salvatore De Angelis, Head of Digital, International, Sports & Entertainment di Nielsen Sports, e agli ospiti capiamo perché il calcio continua ad essere il campo da gioco del marketing, senza dimenticare il contesto che stiamo vivendo e da cui si è partiti per sviluppare il tema del panel.

In questa nuova normalità come Lega stiamo lavorando su quello che abbiamo definito il next normal, per operare in maniera congiunta e farci trovare pronti in quello che sarà lo scenario post Covid“, dice Michele Ciccarese, Commercial and Marketing Director di Lega Serie A.

Il consumo di sport – aggiunge Marta Marchionni, Head of Display and Video Solutions Google – da parte degli appassionati è sempre stato legato alla televisione, mentre oggi i contenuti vengono rilasciati su una molteplicità di schermi. Oggi in Europa ogni famiglia ha nove device attiva ma la TV non è morta. Il fenomeno di innovazione ha portato il digitale all’interno della televisione“.

Una moltitudine di schermi che porta ad una molteplicità di formati differenti e per i brand la sfida è sui contenuti. Avere il contenuto giusto per fare in modo che il consumatore ne possa fruire tramite il touchpoint più adeguato. E anche lo storytelling è fondamentale per creare interazione con l’utente e farlo sentire vicino al brand” ci spiega Giuliana Mantovano, Marketing Director Italy & Albania di Coca Cola.

La Lega Serie A, negli ultimi anni, ha fatto grandi passi in avanti in campo digital anche per riposizionare un brand importante come la Serie A.

Come Lega Serie A – aggiunge Ciccarese – stiamo lavorando per riposizionare il brand all’interno del mercato di riferimento. Non siamo mai stati cosi poveri in termini di investimento ma mai così ricchi in termini di occasioni di contatto. In Italia ci sono 33 milioni di appassionati a cui possiamo comunicare e quindi dobbiamo parlare a queste persone sfruttando tutte le occasioni di contatto disponibili parlando a tutti i target anche con nuove forme di intrattenimento. Avere la forza di parlare al cuore dei tifosi che sono ormai globalmente geolocalizzati”.

Comunicare è importante ma è fondamentale anche conoscere i target con cui parlare.

La generazione Z è la più difficile non solo da raggiungere ma da coinvolgere. Sono molto critici – dice Mantovano – nei confronti dei brand ed è importante creare una relazione che sia incentrata su contenuti stimolanti e interessi condivisi. E soprattutto bisogna essere coerenti con il messaggio da veicolare in quanto parliamo di un target che è molto critico nei confronti dello storytelling proposto“.

Il lockdown di marzo e aprile, con la mancanza di calcio giocato, ha messo a dura prova la pianificazione digitale dei contenuti. Non solo per la Lega ma anche per i brand partner. Michele Ciccarese ci spiega come è stato possibile costruire un progetto con Coca Cola come partner per la Coppa Italia e di come è cresciuto il posizionamento della Lega sul canale YouTube.

Il canale YouTube della Serie A ha avuto un successo enorme con numeri che rappresentano un punto di partenza e non di arrivo. Oggi siamo in un momento in cui paradossalmente alcuni fan partono dai videogame e poi arriva al calcio giocato. Coinvolgere i brand partner o altri brand per creare contenuti tagliati perfettamente per i nuovi target. La generazione Z non vuole guardare solo gli highlights della partita ma contenuti anche differenti ed originali, e in questo dobbiamo essere bravi a coinvolgere le aziende che lavorano con noi” – spiega Ciccarese.

La Coppa Italia è stata l’occasione per creare un qualcosa di diverso insieme a Coca Cola e Rai, broadcaster di riferimento. Ci piace parlare a tal proposito di partnership e non di sponsorship, – continua Ciccarese – e questo ci ha permesso di mettere in piedi un qualcosa di diverso in un momento in cui vi era assenza di calcio giocato.  A questo si aggiunge la volontà dei fan di diventare creatori diretti di contenuti e con la Coppa Italia abbiamo sviluppato una practice capace di rispondere a queste esigenze“.

In chiusura si parla anche di diversificare i contenuti, in modo da non concentrarsi sul solo evento gara. “Oggi – dice Marchionni – è fondamentale essere beyond the game, senza concentrarsi sul solo evento live. Questa tipologia di contenuti coinvolge maggiormente i tifosi e in quest’ottica lo sport deve reinventarsi. Il digitale offre occasioni ed opportunità enormi per permettere agli appassionati di fruire di contenuti freschi ed originali”.

Di Marzio: “Oggi qualsiasi tifoso o appassionato può essere una fonte di informazioni”

Nel primo panel del Day2 si è parlato di come è cambiato il calciomercato e del nuovo ruolo del procuratore con Luca Marchetti, Gianluca Di Marzio e Federico Pastorello.

Negli ultimi anni il calciomercato sta appassionando più del calcio giocato. Con il calciomercato tutti sognano, dalle “piccole” alle cosiddette “big”.

In questo contesto cambia il modo di operare per chi si occupa di calciomercato, e quindi giornalisti e procuratori. Ne abbiamo parlato con i nostri ospiti per capire come si è evoluto il ruolo del procuratore e del giornalista nell’ultimo decennio.

La nostra figura – spiega Federico Pastorello, agente FIFA e procuratore sportivo – ha vissuto un grande cambiamento nella ultima decade. Gli agenti del calcio moderno hanno dovuto organizzarsi in maniera imprenditoriale. Il mio mestiere, dall’inizio ad oggi, è profondamente cambiato. La nostra struttura, all’interno di P&P Management, è molto complessa e quasi simile ad un club calcistico, perchè il giocatore oggi è una piccola azienda e quindi deve essere sostenuto e supportata sotto molteplici aspetti. In questo influisce anche il fatto che il mercato oggi sia diventato globale e chi vuole farne parte deve adeguarsi“.

Non cambia solo il ruolo del procuratore ma anche quello del giornalista che si occupa di calciomercato.

A tal proposito Gianluca Di Marzio spiega che “oggi il procuratore è diventato una sorta di tutor per il calciatore e per questo l’agente ha dovuto assimilare una serie di competenze differenti per soddisfarlo e permettere all’atleta di concentrarsi sul calcio giocato. Per chi si occupa di calciomercato come noi, invece, i social hanno cambiato profondamente il mestiere. Oggi qualsiasi tifoso o appassionato può essere una fonte di informazioni e contenuti. Riceviamo tante segnalazioni e tante “soffiate” che ci aiutano a rintracciare le notizie, anche se bisogna filtrare le informazioni che ci vengono date. Nel mio libro parlo di come l’affare Tevez-Juventus mi sia stato segnalato da un lavapiatti di Londra e questo anni fa non sarebbe successo“.

Una molteplicità di informazioni che necessitano però di essere filtrate, e per questo Luca Marchetti dice che “bisogna logicamente filtrare le informazioni reali dalle fake news, che sono sicuramente proporzionalmente maggiori rispetto alle prime. Oltre questo è cambiato anche il modo di comunicare le notizie. Prima c’era la televisione e leggevamo i giornali, mentre oggi è tutto in tempo reale tramite social network e siti online. Dunque arrivare prima diventa più difficile e complicato“.

Oggi le squadre guardano con maggiore attenzione all’aspetto comunicativo del calciatore e della fanbase di cui dispone. Arriveremo ad un punto in cui a parità di costi e capacità tecniche verrà privilegiato l’atleta che può dare un supporto maggiore a livello comunicativo?

L’aspetto tecnico, tattico ed economico restano fondamentali – dice Pastorello – ma in questo senso oggi privilegiare chi può dare un contributo maggiore a livello di comunicazione può avere un impatto per i club

Senza dimenticare il contesto che stiamo vivendo a causa della pandemia, che ha ridotto drasticamente la disponibilità di risorse finanziarie e il modo di fare calciomercato.

Il calcio è fatto di incontri e strette di mano, e oggi con la situazione legata al Covid questo viene a mancare. Speriamo che questo cambiamento sia momentaneo – dice Di Marzio – e che presto si possa tornare alla normalità del nostro lavoro. Oggi è un calciomercato virtuale che cambia certamente il modo di fare le trattative, e in questa situazione si inseriscono anche le difficoltà economica dei club che devono avere più idee per colmare la mancanza di risorse economiche.

Il contesto che stiamo vivendo – aggiunge Pastorello – condiziona il nostro lavoro che deve vivere ancor di più sulla possibilità di cogliere delle opportunità in mancanza di risorse finanziarie. Tutti stiamo vivendo questa difficoltà. Basti pensare alla Premier League, che è da anni il mercato più ricco, su cui ha pesato la crisi che stiamo attraversando e questo fa capire come il momento sia delicato per tutti. Così come è stato per Barcelona e Real Madrid

Lo scouting e il ruolo del procuratore nel calcio di oggi: il caso CT10 Management

Come nasce una delle più promettenti aziende di scouting e consulenza tecnica per le società calcistiche. Il progetto di Francesco Totti e della CT10 Management.

Eleonora Boi presenta “Scouting: l’arte di scegliere”, panel conclusivo di questa prima giornata del Social Football Summit 2020. Protagonista la CT10 Management, il progetto di cui è protagonista Francesco Totti, insieme anche agli ex compagni Vincent Candela e Aldair.

Questa è una splendida avventura – esordisce Candela e quando Francesco mi ha chiamato non ho potuto dire di no. Ho coltivato relazioni nel corso della mia carriera che mi permettono di portare un valore aggiunto al progetto. Cerchiamo, sia io, che Francesco e Aldair, di portare la nostra esperienza capendo determinate dinamiche che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. Questo ci rende consapevoli di quello che sta vivendo il calciatore e ci permette di essere vicini a loro“.

Si parla anche di come viene svolto il lavoro e il coordinamento tra le diverse funzioni aziendali. Matteo Fittavolini, Chief of Scouting Area CT10 Management, dice: “Abbiamo una struttura che segue i campionati in giro per il mondo e i tornei giovanili. L’analisi dei dati è fondamentale per supportare poi le scelte sui giocatori con lo scopo ultimo di proporre i talenti migliori alle squadre con cui entriamo in contatto“.

Una struttura aziendale ramificata e organizzata. “Ci avvaliamo di tanti collaboratori esterni per presidiare i tanti settori del calcio, dalle giovanili fino al calcio femminile, con un progetto esports in cantiere su cui stiamo lavorando. – dice Giovanni De Montis, Co-Founder CT10 Management – Oltre questo facciamo anche consulenza diretta ai club con la volontà di essere una risorsa anche per loro“.

Ci si sposta poi sul parlare dei criteri di valutazione dei calciatori e di come i dati su di essi vengono organizzati in un database interno. “Nel calcio moderno il calciatore tipo deve essere capace di svolgere più ruoli. Abbiamo creato una metodologia interna – spiega Fittavolinicapace di clusterizzare i calciatori in 30 diversi ruoli specifici e diversi per caratteristiche dei giocatori. Cerchiamo quindi di proporre al club il giocatore giusto sulla base delle richieste che riceviamo

Oggi viviamo un calcio troppo rivolto al business. Anche per noi il fine ultimo è la monetizzazione ma cerchiamo di fare in modo che questa cosa sia diretta conseguenza del lavoro che facciamo mettendo il calciatore al centro di tutto, come professionista e come uomo” – conclude De Montis.

Harris: “Le abitudini dei fan sono cambiate. Diventa fondamentale osservare e conoscere i tifosi per avere un reale vantaggio competitivo”

Nel terzo panel si parla di club e media company. Comunicare costantemente con una fanbase mondiale, non solo la componente sportiva, è divenuto indispensabile.

Elisa Guarnieri, PR Mangement & Communication strategist, introduce Chris Harris, Managing Editor Arsenal F.C., che parla della sua esperienza ai Gunners cominciata in un’era in cui i social non erano centrali come lo sono adesso all’interno del mondo del calcio.

Negli anni scorsi – spiega Harris – non c’erano tutti gli strumenti che i tifosi oggi hanno a disposizione. La cosa più importante per i club è quella di intrattenere i nostri fan. In questo contesto ci sono tante piattaforme a cui dobbiamo prestare attenzione e una di queste è sicuramente Tik Tok. Il concetto su cui stiamo lavorando è quello di coinvolgere sempre di più la nostra fanbase con contenuti fruibili e interessanti, veicolandoli sui canali giusti e comprendendo le differenze tra i diversi canali“.

Nel contesto che stiamo vivendo, la pandemia ha accellerato determinitati processi e, continua Harris, “c’è una rivoluzione a cui il Covid ha dato una spinta. C’è tanta pressione e la capacità di trovare sempre nuove soluzioni grazie al digitale sta diventando una parte fondamentale delle aziende sportive, ancor di più rispetto al periodo pre pandemia. In questo senso abbiamo presentato il nuovo acquisto Gabriel Magalhanes in un modo del tutto nuovo ed originale“.

Uno degli aspetti più impattanti è l’impossibilità di portare i tifosi allo stadio. “Grazie alla tecnologia – dice Harrisstiamo lavorando per accorciare la distanza tra il club e la fanbase nonostante per tanti tifosi sia una sofferenza non poter seguire la propria squadra del cuore direttamente allo stadio“.

L’attenzione si sposta anche sulle nuove generazioni, che hanno una modalità di fruizione e dei comportamenti che sono notevolmente diversi rispetto alle generazioni passate.

A tal riguardo Chris Harris spiega che “è fisiologico che le abitudini dei nuovi fan stiano cambiando e noi dobbiamo essere bravi ad osservare questi cambiamenti rispondendo alle nuove esigenze della community. Pensiamo a Twitch, su cui siamo arrivati recentemente, con contenuti che sono perfettamente mirati verso il pubblico di riferimento della piattaforma“.

L’importanza dell’intrattenimento riguarda anche la capacità di comunicare i valori del club a cui appartieni. Arsenal è sempre stato sinonimo di storia, tradizione e classe, e noi siamo sempre stati attenti a comunicare determinati concetti. Pensiamo alla sostenibilità: siamo stati uno dei primi club a mettere in piedi una struttura totalmente autosostenibile riducendo l’impatto ambientale dei nostri processi. E anche queste sono storie che devono essere raccontate e che sentiamo l’esigenza di raccontare tramite uno storytelling adeguato“.

L’Arsenal raggiunge ha una fanbase internazionale di circa 125 milioni di tifosi ma si presta anche attenzione al tasso di coinvolgimento dei tifosi con i contenuti proposti. Contenuti che devono, però, essere proposti ai fan prendendo in considerazione il Paese di riferimento.

Devi essere in grado di comunicare ai tifosi di ogni nazione e per farlo devi conoscere la cultura e le abitudini di un determinato paese. Pensiamo alla Cina, in cui abbiamo dei partner con cui lavoriamo, o all’India, in cui ci sono una molteplicità di culture all’interno della stessa nazione. Non si tratta solo di veicolare contenuti nella loro lingua ma di conoscere le loro abitudini e la loro cultura per comunicare al meglio ed in una maniera che sia effettivamente coinvolgente per i tifosi stranieri“.