L’edizione più bella del Social Football Summit sarà sempre la prossima

Dal 22 novembre 2018, giorno della prima edizione del Social Football Summit, al 17 novembre 2020, la data molto recente della terza edizione, sono passati appena due anni ma 3 edizioni dell’unico evento italiano focalizzato sull’industria del calcio.

Eventi del genere possono essere raccontati in diverse maniere, ad esempio con i numeri, due in particolare, lo 0 da cui tutto è partito e 8.000, il numero che rappresenta le presenze e le visite di queste tre edizioni.

Ma il modo per raccontare il Social Football Summit e per raccontarci che preferiamo è quello dei valori: innovazione, condivisione, conoscenza, passione.

Più di due anni fa sembrava visionaria e innovativa l’idea di creare un posto in cui riunire tutti gli esperti e gli aspiranti protagonisti della Football Industry. Un’occasione che inorgoglisse il nostro paese, portando l’élite domestica e internazionale del mondo del calcio. Lo abbiamo voluto fare per mettere a disposizione di tutti l’esperienza e la conoscenza degli speaker che ci hanno creduto dal primo giorno sino ad oggi. Senza passione non avremmo costruito nulla di tutto ciò e non avremmo saputo superare in un modo o nell’altro le tantissime avversità che ci siamo ritrovati durante il percorso.

L’industria del calcio è già diversi passi avanti rispetto al 2018 ed evolve senza soste. Un dinamismo preso in contropiede dalla recente emergenza sanitaria. Un ecosistema fatto di persone che però si sono subito rimboccate le maniche per resistere e disegnare il mondo del calcio del domani, fatto di migliaia e migliaia di professionisti e appassionati.

L’industria del calcio, specialmente quella italiana, deve fare ancora altri passi per essere definita tale. Il Social Football Summit diventa uno di quei luoghi ideali per generare confronto, anticipare le tendenze future e fare squadre. In Italia ci sono centinaia di club professionistici e un migliaio di società dilettantistiche, ma tutti insieme formiamo una sola squadra: quella del calcio italiano.

WEGIL nel 2018, la cornice dello Stadio Olimpico del 2019 con 2.500 visitatori e il palcoscenico online della recente edizione del 2020 con 4.500 utenti e 3.000 per la due giorni dedicata all’eSports Summit. Questo è il passato e il presente del Social Football Summit e del nuovo eSports Summit.

Il futuro lo scriveremo insieme agli appassionati, gli speaker, la governance del calcio, gli atleti, gli studenti, la classe politica, le agenzie, i brand e gli imprenditori. Senza dimenticare il team, quello che poco più di due anni fa ebbe l’idea di organizzare l’unico evento italiano dedicato alla Football Industry: i team Social Media Soccer e Go Project.

Per la terza volta nella nostra giovane storia possiamo dire ancora GRAZIE A TUTTI!

Buon natale e un felice anno nuovo!

Domenico Pascuzzi

Intervista a Domenico Pascuzzi, Marketing Director Publishing di Italiaonline

Italiaonline è una realtà ormai consolidata da anni nel mondo dell’editoria digitale essendo proprietaria di Virgilio, Libero, PagineGialle e PagineBianche e dell’advertising, per offrire le soluzioni ideali alle aziende italiane.

Italiaonline, attraverso il verticale Virgilio Sport ha deciso di investire da quest’anno nel Social Football Summit, attivando la media partnership per l’ultima edizione online tenutasi a novembre.

Abbiamo deciso dopo l’evento di fare una chiacchierata con Domenico Pascuzzi, Marketing Director Publishing di Italiaonline.

Ciao Domenico, grazie per aver accettato l’invito. Iniziamo chiedendoti com’è cambiato il mondo del marketing, prima di essere “travolto” dall’avvento dei nuovi media e quindi durante questo periodo di trasformazione digitale? Qual è il più grande cambiamento in tema marketing che hai notato negli ultimi 15-20 anni?

“Senza dubbio, l’avvento del digitale e l’esplosione del mobile hanno cambiato radicalmente ogni aspetto delle nostre vite, il modo in cui comunichiamo e lavoriamo, acquistiamo prodotti e servizi di vario tipo, gestiamo le nostre finanze e il nostro tempo libero. Di conseguenza, è cambiato il modo di fare marketing, verso un’ottica sempre più connessa, esperenziale e omni-channel. La customer journey degli utenti, infatti, non è più lineare, ma frammentata in tanti micro-momenti e si sviluppa tipicamente su diversi touch-point sia fisici che digitali.

La grossa sfida per i brand e per chi fa marketing oggi è quella di essere presenti e rilevanti durante questi micro-momenti, entrare in connessione empatica e stabilire una relazione attiva con le persone. Il presupposto per affrontare questa sfida è un profondo cambio di paradigma delle aziende, che devono mettere l’utente e la customer experience al centro della loro visione strategica e di prodotto”.

Come sono cambiate le regole del mercato invece in quest’anno? Con particolare riferimento al fatto che tutti gli eventi e le occasioni di marketing si sono spostate online?

“Siamo entrati in una dimensione nuova, il cosiddetto new normal, in cui il terreno di gioco e le regole del marketing sono diverse rispetto al passato. I brand di conseguenza sono stati chiamati ad aggiornare il proprio approccio strategico al mercato per gestire questa forte discontinuità storica, con nuovi assetti operativi, nuovi modelli di business, nuovi canali distributivi. Indubbiamente, tutto il filone degli eventi online e, aggiungo, della realtà virtuale ha conosciuto una fortissima accelerazione e un elemento di forte disruption e innovazione per molti settori, dall’intrattenimento alla didattica, dal turismo all’automotive.

Questo non vuol dire che l’esperienza fisica sia superata e soppiantata, ma la possibilità di poter utilizzare il canale online apre ai consumatori un’offerta di prodotti e servizi molto più ricca e interattiva rispetto al passato, e apre ai brand l’opportunità di parlare ad un pubblico più ampio che prima non avrebbero raggiunto o avrebbero raggiunto solo in parte”.

Quest’anno avete deciso di sposare il progetto Social Football Summit 2020 come media partner, l’unico evento italiano focalizzato sull’industria del calcio. È su questo ecosistema che mi volevo soffermare, secondo te il potenziale di marketing delle squadre di calcio in linea generale è ancora inespresso?

“Si, siamo stati media partner del Social Football Summit già in occasione della prima edizione e siamo molto contenti di esserlo anche quest’anno. Concordo che sia l’evento più rilevante dedicato alla Football Industry in Italia, dove sappiamo il calcio è un fenomeno non solo sportivo e di massa, ma anche economico e di business. Internet e il digitale hanno cambiato il modo in cui i tifosi guardano e vivono lo sport.

I tifosi di oggi sono connessi, si aspettano di partecipare ed essere parte attiva, di avere esperienze coinvolgenti e personalizzate e per di più sono diventati dei veri e propri media quando postano sui propri profili social contenuti, foto, video della propria squadra del cuore. In questo contesto, le società sportive sono chiamate a riposizionarsi e diventare vere e proprie media company, che devono instaurare una relazione attiva con i propri tifosi attraverso contenuti, servizi, applicazioni mobili, format di intrattenimento. Un altro filone molto affascinante infatti è quello degli stadi “connessi” o digital arenas: l’Internet of Things, la realtà Virtuale e Aumentata, il 5G aprono a nuovi scenari di prodotto, eventi, esperienze interattive e immersive, dentro e fuori lo stadio.

C’è un potenziale ancora molto inespresso, siamo agli inizi. Iniziative come il Social Football Summit aiutano molto a focalizzare questi temi e queste opportunità in un contesto di sistema e aiutano ad accelerare il processo di digital transformation che anche lo sport è chiamato ad abbracciare”.

Secondo te, i club di calcio e le varie società sportive in futuro si apriranno alla collaborazione con player come Italiaonline per la produzione di contenuti, oppure andranno tutti verso la direzione di una Media House interna?

“Faccio una premessa: i contenuti rappresentano un elemento chiave per creare e rafforzare il legame con i propri clienti, follower e, nella fattispecie dei club calcistici, con i propri tifosi; ecco perché i club e le società sportive devono, a mio avviso, dotarsi di una content marketing strategy strutturata.

Detto questo: i due modelli per me non sono in antitesi, perché da una parte i club e le società calcistiche possono dotarsi di una media house interna per produrre contenuti esclusivi, dall’altra possono far leva e lavorare sempre più direttamente con premium publisher come Italiaonline, sia per la produzione di contenuti che per la loro distribuzione.

Il valore aggiunto che può portare un partner come Italiaonline è su più fronti: sul fronte della progettazione e produzione dei contenuti, perché con i brand lavoriamo in logica funnel, ossia strutturiamo percorsi che accompagnano l’utente in modo naturale attraverso le fasi di un processo di conversione e acquisto; sul fronte della distribuzione, perché distribuiamo i contenuti co-prodotti o prodotti dai brand nostri clienti in un ambiente premium e brand-safe con la possibilità di raggiungere un’audience vasta e profilata sui nostri portali e sulle nostre properties digitali; non ultimo, le più grandi aziende italiane sono clienti della nostra concessionaria e possiamo quindi aiutare i club a costruire una brand identity distintiva sul mercato”.

Domenico, ci racconti come è stato il tuo percorso formativo e professionale prima di arrivare a Italiaonline?

“Lavoro in Italiaonline da 20 anni, dopo una breve esperienza nella consulenza. Sono stati 20 anni molto intensi perché credo che abbiamo scritto un pezzo importante della storia di Internet in Italia. Vivere in prima linea tutte le tappe di questa storia è stato qualcosa di fantastico, oltre che un privilegio. Ricordo ancora il periodo in cui eravamo in Wind-Infostrada, poi lo spin-off da Wind e la fondazione di Libero srl e da lì l’acquisizione di Matrix/Virgilio e la fusione con Seat PagineGialle.

Ora stiamo entrando nel terzo decennio degli anni 2000 e il mondo del Publishing, del digital advertising e dell’ecommerce sono sempre più affascinanti, specializzati e ricchi di opportunità. Non vediamo l’ora di giocarci la partita: anche stavolta”.

Massimo-Magrì

Virtual Advertising nell’industria del calcio, intervista a Massimo Magrì di Supponor

Una tecnologia innovativa per il mondo dello sport, già adottata da diverse leghe top nel panorama sportivo

Il virtual advertising è una soluzione che consente di dare visibilità a più sponsor su uno spazio che tradizionalmente poteva essere venduto ad un unico brand, come nel caso dei led a bordo campo. Questa innovazione, oltre ad essere altamente tecnologica, è uno strumento per moltiplicare la monetizzazione di club e leghe. Poter mostrare una pubblicità diversa ed esporre un brand diverso nello stesso momento ma in paesi differenti, è una evoluzione che non avremmo mai potuto immaginare 10 anni fa. Ma i player che stanno utilizzando questa tecnologia in realtà, come nel caso spagnolo, lo stanno facendo già da diversi anni.

Il virtual advertising ovviamente richiede un importante investimento in tecnologia e ha bisogno di molte informazioni sulle specifiche audience regionali per mostrare una pubblicità in target e coerente al mercato domestico di riferimento.

Per parlare di questo argomento affascinante, abbiamo fatto una chiacchierata con Massimo Magrì, EU Commercial Director di Supponor, azienda londinese specializzata in questo tipo di pubblicità virtuale che da anni lavora nel mondo della Sports Industry.

Ciao Massimo, grazie per aver accettato l’invito. Ti chiederei subito ad oggi quali sono leghe, club e brand che stanno puntando sul virtual advertising?

Storicamente, LaLiga in Spagna è stata un pioniere con Supponor nell’esplorazione di questo nuovo strumento di marketing da oltre otto stagioni. Si noti che in Spagna hanno perfezionato questo strumento a tal punto da riuscire a consentire la distribuzione di fino a 11 segnali diversi per partita in regioni e paesi specifici.

Anche la Bundesliga in Germania deve essere considerata a tutti gli effetti un pioniere: hanno iniziato ad usare la nostra tecnologia tre anni fa per trasmettere in vari mercati internazionali.

Oltreoceano, anche la NHL e la NBA sono molto attive in questo settore. In effetti, hanno già avuto esperienze in onda nel 2016, 2019 e più recentemente durante gli eventi All Star nei mesi precedenti lo scoppio della pandemia, ed entrambe stanno esplorando modi per iniziare a distribuire queste soluzioni su ampia scala.

Il virtual advertising è una tecnologia che può diventare ulteriore fonte di monetizzazione per alcuni soggetti, ma quanto è effettivamente accessibile per club o leghe minori? Quali sono i punti deboli di questa tecnologia e i punti di forza?

Fino ad ora, i costi di gestione della tecnologia hanno rappresentato una barriera all’ingresso, riservandone l’utilizzo solo a premium rights holder. L’evoluzione che stiamo osservando, però, sta rendendo queste tecnologie sempre più accessibili al punto che ci aspettiamo possa diventare una commodity nei prossimi 12/18 mesi. Serve tuttavia un processo di maturazione sia sul versante tecnologico che sullo sfruttamento consapevole dei diritti di marketing.

L’uso della tecnologia consentirà ai titolari dei diritti non solo di aumentare le entrate derivanti dai diritti di marketing, ma anche di abilitare un canale di comunicazione più efficace e diretto con il loro pubblico di destinazione.

L’emergenza sanitaria ha rallentato in qualche modo il posizionamento e l’uso delle recenti tecnologie come realtà aumentata e virtuale nel calcio, oppure è stata una sorta di acceleratore?

È stato sicuramente un acceleratore. Come in quasi tutti i settori e le situazioni della vita quotidiana, la necessità affina l’ingegno.

L’attuale periodo di partite a porte chiuse ha costretto i club a fare i conti con significative perdite di entrate (i primi studi e ricerche hanno mostrato l’immenso impatto finanziario che la pandemia ha avuto sul settore sportivo, con i cinque grandi campionati europei di calcio che dovrebbero perdere fino a 4 miliardi di euro di ricavi nella sola stagione 2019-20) e un distacco forzato dai propri tifosi che non hanno potuto entrare nello stadio.

La tecnologia virtuale ha permesso, ad esempio, di coprire gli spalti vuoti con messaggi istituzionali o pubblicità (per compensare gli sponsor che non hanno avuto la possibilità di sfruttare tutte le potenzialità dei loro pacchetti sponsorship), di avvicinare i fan all’evento (social live streaming) e rendere gli stadi un po’ “meno vuoiti” in TV.

Questa scelta obbligata in molti casi ha portato i club ad affacciarsi per la prima volta all’utilizzo delle tecnologie virtuali, familiarizzare con esse e capire come in futuro potranno essere parte integrante della loro offerta commerciale.

Hai lavorato al fianco di professionisti che si occupavano della commercializzazione dei diritti tv e di questo settore più in generale. Secondo te come possono rendere meno obsoleto il proprio modello di business alcuni club di calcio oggi? E la ripartizione dei diritti tv è effettivamente così sbilanciata in Italia?

L’utilizzo della pubblicità virtuale è sicuramente lo strumento più innovativo che l’industria del marketing sportivo ha integrato da qualche anno a questa parte. Come detto, stiamo vivendo un momento di transizione molto importante da questo punto di vista: il passaggio da una comunicazione globale uguale per tutti, a una comunicazione sempre più personalizzata indirizzata in modo più specifico. Questo, oltre a generare entrate aggiuntive, renderà i messaggi più rilevanti per i consumatori e gli investimenti pubblicitari più accessibili per i marchi regionali più piccoli.

Ci sono altre novità o tecnologie che stravolgeranno nel medio termine il mondo dell’advertising nella Football Industry?

La prossima frontiera sarà sicuramente quella della pubblicità profilata sul singolo utente: due persone sedute fianco a fianco in metropolitana a guardare lo stesso evento sportivo avranno sui tabelloni pubblicità differenti, più specifiche e attinenti ai propri gusti e interessi.

Sembra fantascienza, ma in realtà non lo è. Potremmo non rendercene conto, ma quando guardiamo un video su varie piattaforme social, è una situazione che accade già.

Sei approdato in SUPPONOR di recente. Come ci si avvicina da professionista al mondo del virtual advertising, e quindi quali sono le competenze e l’approccio che uno che vuole fare il tuo mestiere deve avere?

Prima di entrare a far parte di Supponor, che è un’azienda tecnologica, ho trascorso 14 anni presso un’agenzia leader a livello mondiale per i diritti media e marketing, specializzata in eventi sportivi. Il ruolo dell’agenzia è fondamentale perché opera proprio al centro di un ecosistema fatto di rights holder (società e federazioni sportive), sponsor (che sono considerati gli investitori) e fornitori di innovazione tecnologica che forniscono strumenti per massimizzare i ricavi.

Questo mi ha permesso di apprendere da un lato cosa chiedono i brand che vogliono investire in eventi sportivi, e dall’altro cosa offrire ai titolari dei diritti per soddisfare le esigenze dei brand. Questo si sta rivelando fondamentale nel mio nuovo ruolo in Supponor per guidare l’innovazione tecnologica nella giusta direzione per essere funzionale ai vari attori del mercato.

Grazie mille per l’intervista Massimo, molto interessante. Ci vediamo al prossimo appuntamento!

Con la terza giornata si conclude il Social Football Summit 2020

Dopo 18 panel in cui si è discusso di tutte le tematiche più rappresentative per il futuro dell’industria del calcio, insieme a 65 top speaker esperti del settore. Un evento che ha raggiunto i quasi 5.000 visitatori e 1.800 utenti unici sul sito della piattaforma che ospitava l’evento.

Sono questi i numeri del Social Football Summit 2020, l’unico evento italiano dedicato alla Football Industry con ospiti internazionali. Anche per questa edizione interamente online hanno partecipato i club, leghe e federazioni più importanti nell’ecosistema del calcio mondiale.

Nell’ultima giornata di lavori spazio al futuro dell’innovazione come sempre, con un panel in cui hanno partecipato Lorenzo Dallari, direttore editoriale di Lega Serie A, Javier Tebas, il presidente de LaLiga, poi il Direttore Generale divisione IT di Almaviva Antonio Amati, il Sottosegretario allo Sviluppo Economico del MISE Gian Paolo Manzella e Luca Pardo, il fondatore dello Studio Legale Ontier.

A seguire internazionalizzazione dei club di calcio in Asia con il Cagliari Calcio rappresentato da Claudia Balu, il Borussia Dortmund con Suresh Letchmanan, il Valencia rappresentato da Fabio Fusco, insieme a Cesare Polenghi, il CEO di Ganassa.

Di social media, engagement e storie (e stories) nel calcio si è parlato nella parte centrale della giornata, da una parte col panel in cui hanno partecipato i giornalisti Lele Adani, Pierluigi Pardo e Kike Levy di Facebook, con la moderazione di Damiano Cori di Social Media Soccer, dall’altra con un panel in cui hanno partecipato Roberto Monzani di Inter Media House e Mafalda Monteiro dello Sporting Lisbona, con la moderazione di Emanuela Perinetti di Sport Dots.

Nel finale invece focus su Pr e comunicazione nel calcio con Stefano Marchesi (pr manager di Lukaku e Mourinho tra i tanti) e Pedro Pinto, oggi CEO di Empower Sport (ex Eleven Sports e UEFA), con la moderazione di Luigi Di Maso di Social Media Soccer. Finale col botto insieme al CT della Nazionale italiana Roberto Mancini, Giovanni Sacripante di FIGC, Paolo La Placa di Puma e Massimo Caputi, tutti insieme per parlare del Rinascimento Azzurro.

Il Social Football Summit termina dopo 3 giorni così ma rimanda l’invito all’appuntamento della prossima settimana, ovvero l’eSports Summit del 23 e 24 novembre, evento dedicato all’industria esports organizzato sempre dal team di Social Media Soccer ma verticale al mondo dei videogiochi elettronici da competizione. Per il “tradizionale” Social Football Summit l’appuntamento invece è al 2021 per la versione offline dell’evento.

Mancini: “Era il momento giusto per cambiare, ci abbiamo creduto. Nel dare fiducia ai giovani ci si guadagna sempre.”

Con l’avvento di Roberto Mancini come CT della Nazionale Italiana, nel maggio 2018, è iniziato concretamente un nuovo corso che ha l’obiettivo di lanciare e valorizzare una nuova generazione di talenti azzurri.

Le vicende di campo si inseriscono in un new concept, come definito da FIGC e Puma, che ha nella maglia la sua espressione immediata ma che si estende nell’area marketing e comunicazione, oltre che veicolare un concetto di responsabilità sociale.

Una nuova idea, una nuova generazione, una nuova strategia raccontata nel panel che chiude il Social Football Summit 2020 Protagonisti del panel sono il CT Roberto Mancini, Paolo La Placa (Team Head Partnership Management di Puma) e Giovanni Sacripante (Head of Marketing & Digital Contents FIGC), con il giornalista sportivo Massimo Caputi a moderare gli interventi.

Si parla di una vera e propria rinascita – dice Caputi –  Una nuova prospettiva del calcio italiano supportata dalle grandi prestazioni della squadra di Roberto Mancini, che ha riavvicinato i tifosi attraverso le vittorie e la fiducia nei confronti di giovani talenti“.

Una dimensione differente rispetto al passato, come conferma G. Sacripante, FIGC: “Dopo la mancata qualificazione al Mondiale 2018, abbiamo pensato ad un riposizionamento netto del calcio italiano, creando un punto di rottura con il passato, salvaguardando, comunque, la storia e la tradizione. Questa nuova prospettiva si esprime attraverso la nuova maglia, una maglia che racconta il cambiamento in atto. Una scelta coraggiosa che ci ha portato a rivolgerci alle nuove generazioni di tifosi, che offre una nuova immagine della FIGC e della Nazionale di calcio italiana“.

Un concetto di unicità espresso nelle parole di Paolo La Placa di Puma: “La Nazionale italiana è qualcosa di unico. Unica nei valori che esprime, nel senso di appartenenza. Il calcio è uno stile di vita, è una questione di cultura e tradizione di un Paese. Queste sono le basi sulle quali abbiamo creato la nuova maglia“.

Chiude il panel il CT Roberto Mancini, che esprime tutta la sua soddisfazione per il percorso, questo Rinascimento Azzurro, effettuato sin qui: “Quando siamo arrivati la situazione non era sicuramente facile, ma ci abbiamo creduto sin da subito. Abbiamo voluto chiamare giocatori giovani e di qualità. Era il momento giusto per cambiare, per dare fiducia ai ragazzi e costruire un nuovo percorso. Il gruppo è solido e compatto, ha fatto qualcosa di straordinario e speriamo di proseguire su questa strada“.

Una corretta comunicazione può definire il confine tra vittoria e sconfitta

La gestione delle PR e della comunicazione di calciatori e allenatori rappresenta un asset dal quale non è più possibile prescindere

Gli interventi di questo panel sono moderati da Luigi Di Maso, Responsabile Editoriale Social Media Soccer. Il tema di discussione riguarda come, nel nuovo contesto, calciatori e allenatori comunicano online affidandosi a professionisti del settore.

Noi professionisti della comunicazione e del PR non dobbiamo convincere nessuno. La domanda va stimolata adeguatamente in modo da far emergere una necessità e spingere la persona interessata ad agire affinchè si compia uno step ulteriore per gestire in maniera più dettagliata. I media main stream restano in cima ai mezzi di comunicazione ad alto contenuto mediatico. Quindi tutte quelle referenze che vengono dall’esterno, mentre i social media sono molto autoreferenziali. Un mix di questi due mondi è perfetto per trovare un giusto modo di veicolare la nostra immagine“, spiega Stefano Marchesi, Football PR Specialist PRiSM | Elite Football PR

A tal riguardo interviene anche Pedro Pinto, Founder and CEO Empower Sports, che spiega come “sia necessario trovare un mix tra qualità e quantità, oltre ad aiutare la nostra audience a capire cosa è verità e cosa è speculazione. Per questo cerchiamo di fare in modo che i nostri clienti parlino con mezzi di comunicazione che siano credibili e riconosciuti, e che le dichiarazioni siano veicolate nel modo giusto riuscendo a bilanciare i vari canali di comunicazione“.

In questo contesto nascono anche nuove figure professionali e la domanda è: conviene essere una figura versatile o specializzata?

Gli staff tecnici oggi si arricchiscono – dice Marchesi – di sempre più figure altamente specializzate. La linea che separa la vittoria dalla sconfitta presuppone una cura dei dettagli in campo che può essere assimilabile alla cura della comunicazione. Oggi comunicare in un certo modo prima di una partita può definire il confine tra la vittoria e la sconfitta. Per questo credo che il futuro sia la specializzazione: non solo nella comunicazione del calcio ma anche in tutti gli altri settori. La cura della comunicazione, inoltre, è un beneficio anche per i club per i quali un giocatore o tecnico è tesserato“.

Un tema molto importante è quello della fiducia. Un concetto che diventa fondamentale per svolgere un lavoro che sia produttivo e longevo.

Il concetto della fiducia è importante anche tra chi si occupa di questo mestiere e l’assistito di riferimento. Alla base di tutto c’è sempre la relazione umana, a prescindere dalla relazione economica. Ci deve essere empatia, sintonia e comunione di intenti“, dice Marchesi.

Il lavoro deve essere sicuro e credibile, soprattutto per ricevere la fiducia con l’audience di riferimento e i media. La fiducia – continua Pinto – va anche di pari passo con il curriculum. E oggi, la mia esperienza professionale, è praticamente un asset. L’intenzione di chi si occupa di gestione PR come noi è dare un beneficio, tangibile o intangibile, al cliente finale. Il fattore chiave è la trasparenza e questo si traduce in un fiducia professionale.Aggiungo una parola che per me è fondamentale che è responsabilità. Oggi un messaggio social, con il quale un giocatore comunica al mondo, può influire addirittura su un trasferimento

Un consiglio per i giovani talenti emergenti e per chi si affaccia a questo mondo?

“Studiare e osservare l’ambiente è fondamentale. Fare comunicazione nel mondo del calcio non è lo stesso di farla in altri settori perchè il contesto è in continuo movimento e mutamento. L’osservazione e la capacità di prevenire i problemi è essenziale per rispondere a tutti gli impulsi esterni, in modo da farsi trovare sempre pronti”, conclude Marchesi.

INTERNAZIONALIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE DEI CONTENUTI PER LE DIVERSE FAN BASE DEL MONDO

Contenuti per uno specifico pubblico. Questa la sfida affrontata da molti Club per esportare il proprio brand fuori dai confini nazionali.

È necessario conoscere i propri fan, analizzare la community e personalizzare il più possibile la strategia social per coinvolgere i tifosi. Nel panel Reaching fan engagement arount the World, moderato da Emanuela Perinetti, si è parlato nel particolare  delle strategie di Sporting Lisbona ed Inter.

Mafalda Monteiro, Digital Brand Manager – Sporting Clube de Portugal, si sofferma sulla capacità di adattare i contenuti al contesto così come accaduto durante il lockdown proprio per coinvolgere i fan: “Ci siamo resi conto che senza partite l’utente è più attento e partecipe. Abbiamo coinvolto i nostri calciatori nel raccontare la loro quotidianità, ci siamo confrontati all’interno del team digital per essere il più creativi possibile. I canali che ci permettono di potenziare maggiormente la fan engagement sono sicuramente TikTok ed Instagram rivolti alle nuove generazioni che sono più attive ed ai nostri fan stranieri. I giocatori, in questo ci aiutano, nell’avvicinare comunità lontane dal Portogallo come quella, ad esempio, dell’America Latina“.

Roberto Monzani, Media House Director – FC Internazionale Milano pone l’attenzione nello specifico sulla personalizzazione dei contenuti: “Poniamo particolare attenzione nel differenziare il tone of voice a seconda dei canali utilizzati per aprirci il più possibile agli interessi e le abitudini delle nostre diverse communities online. L’obiettivo dell’Inter Media House è proprio di ampliare il bacino d’utenza e raggiungere i tifosi nerazzurri in tutto il mondo, attirando la loro attenzione con contenuti esclusivi e personalizzati“.

 

Adani: “Il nostro lavoro ha il fine di avvicinare la gente ai protagonisti del calcio”

Il calcio è fatto di storie(s):  di chi le ha scritte, di chi le racconta e di chi le adatta ai nuovi formati di comunicazione.

Oggi non si parla più di storytelling ma si parla di storydoing. Con questa premessa accogliamo l’inizio di questo panel nella terza giornata del Social Football Summit.

L’altro giorno ho visto come era Facebook nel 2006 e questo fa capire quale è stata l’evoluzione di questi canali negli ultimi 15 anni. Parliamo di un mondo in continuo cambiamento che cerca di rispondere a quelle che sono le esigenze degli utenti“, dice Kike Levy, Strategic Partner Manager Emea Facebook

Raccontare un evento e trasmetterne le emozioni: è questo quello che deve essere in grado di fare un telecronista, e proprio di questo parla Pierluigi Pardo, Giornalista Sportivo e Presentatore Mediaset/Dazn: “la telecronaca racconta una storia di cui non si sa il finale. Il calcio ha la capacità di sorprenderti e questo senso di euforia e stupore non si può prevedere o preparare. Io preparo la partita come fanno tutti ma tutta questa preparazione diventa secondaria rispetto alla capacità di interpretare dal vivo cosa succede, con un’emozione che per me è unica e totalmente diversa rispetto a tutto il resto. La telecronaca ti da l’opportunità di essere messaggero di emozioni nei confronti dei tifosi“.

Emozione e coinvolgimento fondamentali per avvicinare la gente al calcio.

Bisogna adeguarsi e riconoscere le emozioni della partita. Il nostro lavoro ha il fine di avvicinare i tifosi e i protagonisti. Per me il calcio sudamericano è una passione e un’ossessione, ma il calcio si evolve e non dorme mai. La mia natura è quella di cercare di immedesimarmi in chi ascolta e dentro la preparazione della telecronaca ci deve essere il giusto compromesso per coinvolgere la gente“, spiega Daniele Adani, Talent Sky Sport.

In questo contesto si parla anche di quelle che sono le piattaforme del futuro, facendo un confronto tra piattaforme proprietarie o di terzi.

Saranno sempre più importanti i contenuti più corti, nel rispetto di quelli che sono gli interessi delle nuove generazioni. A prescindere dall’utilizzo di piattaforme, proprietarie o di terzi, bisogna essere capaci – dice Levy – di coinvolgere tutte le tipologie di tifosi.. Non c’è una tipologia di piattaforma migliore ma è necessario essere presenti a 360°“.

Pierluigi Pardo ci racconta l’esperienza che vive giornalmente con i propri canali social e della capacità di coinvolgere i tifosi raccontando storie: “io sono entusiasta dei social, soprattutto Twitter. Il calcio è un modo per raccontare noi stessi e la nostra cultura e in questo i social network sono uno strumento importante ed imprescindibile. Le storie invece vanno celebrate e raccontate, e la tendenza nel mondo è questa. Basti pensare a The Last Dance o le serie All or Nothing. I social non tolgono spazio al giornalismo tradizionale ma piuttosto aggiungono un qualcosa mettendo al centro i protagonisti con una disintermediazione e una leggerezza che il periodo di lockdown ci ha regalato“.

Un concetto che si lega a quella che è l’essenza del calcio, e dello sport in generale. Emozione, passione e coinvolgimento a prescindere dalla categoria. “Il calcio è popolare, è di tutti, ed è questo il grande vantaggio di questo sport meraviglioso. E soprattutto il calcio è inclusione non esclusione, coinvolge tutti a prescindere dal contesto sociale che la gente vive. La base del calcio è tra la gente comune ed è questa la sua prima caratteristica. Il calcio non è un gioco ma un messaggio sociale. Quello che abbiamo fatto con Bobo Tv durante il lockdown aveva il fine di raccontare le nostre storie. Storie che partono dall’oratorio, dalla strada, come avviene per tutti“.

Qual è la conseguenza logica di amare qualcosa o qualcuno? Rispettarlo, raccontarlo al meglio, divulgarlo. Se tu ami qualcosa la conosci. Io so benissimo cosa è l’Uruguay, so cosa è quel paese di tre milioni di abitanti, so come vive il calcio. E quindi, conoscendo, rispetto quel qualcosa che amo. La Garra Charrua / dice Adani – è questo, è un qualcosa che esiste, che ho vissuto ed ho letto. Ed è la partita che ti porta a tirare fuori determinate emozioni. I social ti mettono a nudo perchè viene fuori chi sei e cosa fai. Se vuoi stare sui social devi accettare di stare insieme con le persone. Più tutti ci mettiamo insieme e più smascheri i bluff“.

ASIA, UN NUOVO MERCATO DA CONQUISTARE PER I CLUB

Un processo di globalizzazione continuo, una necessità sempre maggiore di sviluppare la riconoscibilità del proprio brand a livello internazionale.

Oggi molti Club si affacciano ad un nuovo mercato, potenzialmente illimitato, come quello asiatico. Questo è il tema del panel Ready to Join Asia? moderato da Cesare Polenghi – CEO Ganassa, con Claudia Balu – Business Development Manager del Cagliari Calcio, Fabio Fusco – International Development Manager Valencia CF, Suresh Letchmanan – Managing Director Asia Pacific BVB.

Un territorio da conquistare anche per un Club come il Cagliari, come spiega Claudia Balu: “Attraverso una ricerca di mercato abbiamo riscontrato come il 77% dei cinesi segua il calcio europeo. In questo contesto ci siamo resi conto che c’è spazio anche per un Club piccolo ma ambizioso come il nostro. Ci siamo avvicinati a questo territorio attraverso varie partnership e promuovendo non solo il Cagliari Calcio ma un’intera splendida Regione come la Sardegna.”

Prosegue Suresh Letchmanan, confermando l’importanza dell’Asia per il suo Club: “Il Borussia ha iniziato proprio sul territorio asiatico il proprio processo di internazionalizzazione, volendo diffondere il brand al di fuori dei confini nazionali in un mercato che offre diverse opportunità. Il focus centrale è nel Sud-Est asiatico, dove il club porta avanti numerosi progetti in termini commerciali, sportivi e di social responsibility. Siamo presenti in particolare in Giappone ed in questo contesto diviene fondamentale anche la strategia social per avvicinarci e fidelizzare i tifosi asiatici con contenuti personalizzati.”

Conclude, Fabio Fusco del Valencia CF: “Abbiamo 22 milioni di tifosi nel mondo di cui 5 milioni in Asia. Ovviamente, questo è un mercato ampio e molto interessante, siamo fortemente presenti in India, Cina e Vietnam. Un veicolo fondamentale sono le Academy attraverso le quali riusciamo a diffondere i nostri valori e potenziando il brand Valencia CF su più livelli”.

 

Tebas: “Lo Stato deve incentivare fiscalmente gli investimenti privati nel calcio”

L’innovazione e la digitalizzazione dei processi produttivi sta crescendo grazie agli investimenti pubblici e privati, in un contesto di grande difficoltà dovuta alla Pandemia.

In questo panel inaugurale della terza giornata del Social Football Summit, Luca Pardo, Fondatore Studio Legale Ontier, modera questo panel.

L’attenzione si sposta sui processi di innovazione e digitalizzazione che in un contesto come quello che stiamo vivendo diventano sempre più fondamentali. “In questa situazione di emergenza stiamo vivendo una fase di cambiamento in ognuno di noi di come il digitale e l’innovazione possono cambiare la nostra vita, non solo adesso ma anche nel lungo periodo. Un impulso che viene anche da direttive europee su investimenti tecnologici. C’è, quindi, una chiara indicazione della politica che va nella direzione della trasformazione digitale“. dice Gian Paolo Manzella, Sottosegretario allo Sviluppo Economico.

Anche Almaviva sta spingendo l’evoluzione dei processi interni alla struttura oltre che accompagnare i proprio clienti. “Almaviva ha cominciato un processo di digitalizzazione già nel 2017. Abbiamo investito – spiega Antonio Amati, Direttore Generale Divisione IT Almaviva – sull’analisi dei dati con applicazione e soluzione legate in diversi settori, oltre che sulla customer experience. In questo contesto è aumentata anche la mole di lavoro per i nostri clienti, che ha portato ad una trasformazione digitale di alcuni processi che devono ancora raggiungere una fase di regime e pertanto ci sarà anche da lavorare nel prossimo futuro“.

Arriviamo quindi al mondo del calcio, che si sta legando sempre più alla tecnologia sotto molteplici aspetti. Dall’analisi delle performance fino alle attività digitali finalizzate al coinvolgimento della fanbase.

Come Lega in occasione della finale di Coppa Italia abbiamo virtualizzato gli spalti e questo ci ha permesso di dare maggiore visibilità non solo agli sponsor delle squadre ma anche a TIM, nostro title sponsor. Stiamo lavorando ancora per realizzare altre attività che ci permettano di rispondere a questo momento di crisi e cogliere il momento per aumentare il livello di digitalizzazione della Lega Serie A“, dice Lorenzo Dallari, Direttore Editoriale Lega Serie A.

Dopo la Serie A, ecco La Liga che è certamente uno degli esempi maggiormente virtuosi a livello di evoluzione digitale e tecnologica nel mondo del calcio. Ci spiega come è organizzata la struttura il Presidente Javier Tebas.

Come Liga abbiamo cominciato ad innovare e digitalizzare la nostra struttura nel 2014, quindi è un processo che parte da lontano. Abbiamo un dipartimento di tecnologico che conta circa 70 persone. In tutto abbiamo 128 persone che si occupa di tecnologia e circa 50 persone dislocate sui vari mercati. Questo per far capire che non è un processo che risponde al contesto attuale, ma piuttosto un processo che parte da lontano. Oggi la chiave dell’innovazione tecnologica è la digitalizzazione delle aziende. Dal 2015 La Liga ha un proprio OTT che è fondamentale. Ci avvaliamo di intelligenza artificiale per decidere gli orari delle partite, perchè sappiamo con circa 30 giorni di anticipo quanta gente andrà allo stadio o quanti telespettatori avremo, e tutto questo grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. In questa direzione è necessario non basarsi solo sulla tecnologia ma anche coinvolgere le persone“.

Come incentivare gli investimenti privati e fino a dove deve spingersi l’intervento pubblico?

Il settore pubblico – continua Tebas – deve rendersi conto che il calcio è un’industria da non sottovalutare nell’analisi del contesto economico. L’iniziativa privata credo sia fondamentale, oltre quella pubblica. Lo Stato non deve aiutare direttamente ma credo sia necessario che piuttosto incentivi fiscalmente gli investimenti privati, come per esempio ha fatto l’Italia. Nel vostro Paese il Decreto Crescita ha portato investimenti capaci di attrarre grandi campioni e sono sicuro che questo porterà dei benefici alla fiscalità nazionale. Non lo dico solo in ambito sportivo ma anche per tutto quello che ruota intorno allo sport, e al calcio nello specifico. Spero che la Spagna faccia lo stesso percorso intrapreso in Italia